Oggi si celebra nel mondo la giornata sull’autismo. Una sindrome, non una malattia, delicata, complessa, brutale a volte, insomma vera. L’argomento è trattato anche sulla pagine odierne del Corriere della Sera con un articolo a firma Amendola e Conti. Non entro del merito della vicenda narrata. La storia è come tante, come tutte direi. E vale anche la pena di essere raccontata. Ancora un volta però i toni e in particolar modo il risultato non sono in linea con le attese, in termini di canoni e metodi innovativi di comunicazione, sul tema della disabilità. La vita spezzata, dei genitori però non del figlio, la loro separazione, le “bella” madre che lotta e si sacrifica e, dulcis in fundo il figlio di seconde nozze dell’ex marito a interpretare il ruolo di Angelo Salvatore. Retorica, pietismo, redenzione e lieto fine. Tutte modalità narrative che continuano ad essere ripercorse dalla pubblicistica italiana, con risolutezza e ostinazione, senza comprendere come questo modello pietistico-curativo non trovi uguali altrove e non serva a rendere informazione corretta e completa su una situazione (questa è la disabilità) che coinvolge nel caso dell’autismo oltre 65 milioni di persone al mondo.
La costruzione della percezione a livello di opinione diffusa sull’autismo è stata costruita, negli ultimi anni, da pellicole cinematografiche che ne hanno trasdotto e resa esplicita la complessità. “Rain Man”, “Io mi chiamo Sam” con le interpretazioni di Dustin Hofmann e Sean Penn, hanno fatto conoscere al mondo intero qualcosa di più su questa sindrome, che può essere devastante, che si muove sotterranea come un cobra prima di colpire, con la quale si convive e attorno alla quale si possono raccontare tante storie. Che andrebbero presentate con maggior senso della realtà, con più dati e più verità oggettive, senza stigmatizzare e senza esaltare, con senso di informazione - quella vera - come se si stesse raccontando una fatto di cronaca. Le persone disabili e Mimmo, il protagonista autistico dell’articolo del Corriere della Sera, ne sarebbero stati molto più felici.
Maurizio Trezzi
Coordinatore Osservatorio Nazionale Comunicazione e Disabilità
Fondazione Universitaria Iulm Milano
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