Domande a Stefano Rolando a cura di Maurizio Trezzi
In libreria dal 19 ottobre Due arcobaleni nel cielo di Milano (e altre storie), libro colloquio di Giuliano Pisapia con Stefano Rolando, con la prefazione del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, edito nella collana Grandi PasSaggi di Bompiani.
Un libro a sorpresa, generato da tre lunghe conversazioni nelle domeniche di luglio, dopo i primi mesi di governo a Palazzo Marino del nuovo sindaco di Milano, con l’intento di raccontare una storia dall’inizio: radici, evoluzione personale e politica, esperienze istituzionali, i tratti essenziali della campagna elettorale e lo sguardo a Milano e alla prospettiva che, nel primo impatto, è già oggetto di analisi politica.
Dunque un libro di perché, di spiegazioni, di approfondimenti. Quattrocento domande e altrettante risposte, tra un protagonista del cambiamento e un professore universitario esperto di comunicazione pubblica e politica che, con distacco ma come dice anche “con simpatia e senza militanza”, contribuisce a rendere più conosciuta la personalità di chi, per la stampa di tutto il mondo, è l’uomo che ha dimezzato a Milano le preferenze di Berlusconi e ha battuto con dieci punti di distacco il centro-destra.
Sulle ragioni del libro e sul backstage di questa esperienza abbiamo rivolto a Stefano Rolando, professore all’università IULM di Milano e già direttore generale in istituzioni e imprese, alcune domande.
A chi è venuta l’idea?
Abbiamo complottato io e la moglie di Giuliano Pisapia, Cinzia Sasso. Lei mi ha detto che lui nel corso dell’estate – o comunque presto – avrebbe messo mano a un testo per spiegare alcuni tratti della “buona politica” necessaria ora a Milano e al paese. Io ho suggerito che prima sarebbe stato prezioso un libro accessibile e chiaro per approfondire la conoscenza personale della sua vita e della sua evoluzione politica, facendo emergere anche l’apprendimento di una singolare e straordinaria campagna elettorale.
“Complottato” vuol dire che Pisapia ha resistito…
Sì, ha resistito. Resiste di principio alla politica che appare. La sua storia è una storia del fare sociale. La sua polemica è con i politici che fanno credere che un annuncio sia una realtà realizzata. Ma siccome ha fatto il liceo classico e ha preso due lauree, alla fine sa a cosa servono i libri.
Politicamente lui come si considera?
Il suo riferimento è alla attuale condizione di sindaco di Milano. Dice “un sindaco di sinistra con una giunta di centro-sinistra”. Che tradotto vuol dire che ritiene meglio la coerenza con la sua vita, perché essa ha dimostrato che non è vera la tesi molto diffusa (io dico nel libro “post-democristiana”) che per vincere nei contesti importanti bisogna schiacciarsi al centro, spesa però per unire e non per dividere. Che è una solenne novità per la politica a sinistra.
Ma Pisapia come vede - provo a riformulare la domanda - la sua identità politica, lui fuori dai partiti, quando bordate arrivano da destra perché non saranno molto contenti di avere perso Milano, ma arrivano anche da sinistra dove c’è più abitudine a gridare che a governare. E in più con il PD aggravato dal caso Penati?
E’ uno scenario in movimento. La sua è stata una proposta di coalizione senza pregiudiziali. Né a sinistra né al centro (tanto è vero che , oltre all’adesione di Bruno Tabacci, al ballottaggio si sono manifestati laici, repubblicani, liberali, socialisti, cattolici moderati). In più ha cercato di sperimentare un formula “metà partiti, metà società civile impegnata nella cosa pubblica”. Dunque ora essere fuori dai partiti è una forza. Perché non vuol dire affatto – a Milano in particolare – essere fuori dalla politica. Quanto al PD, che a Milano anche grazie a lui ha avuto un ottimo risultato, avrebbe tutto l’interesse a far crescere nuova classe dirigente nella cornice della leadership di territorio che Pisapia ha oggi oggettivamente.
Va bene. Questa parte la leggeremo. Ma stando ai giudizi di chi ha sperimentato questo ampio dialogo, come appare oggi Giuliano Pisapia dopo l’imprevisto successo?
Provato dall’impatto con l’impegno duro dell’agenda, determinato a mettere avanti le questioni di principio, apparentemente lento e macinatore ma poi capace di soluzioni veloci e nette, avvocato sperimentato a guardare le carte e quindi non impressionato dalla burocrazia, non nelle condizioni di agire con tutti gli strumenti necessari per assicurare gestione e visione. Quindi in fase di intervento da una parte, di apprendimento dall’altra.
Cosa colpisce di più del suo racconto di vita?
Tre cose. Il ruolo della formazione cattolica nell’esperienza giovanile, la determinazione – anche solitaria – nell’apprendimento sociale, la scoperta (nel tempo e nel segno della formazione paterna) di un ruolo metodologico di essere operatore del diritto.
Cosa vuole dire “metodologica”?
Vuol dire intanto che di giustizia se ne intende. Oggi è una risorsa culturale per fare politica rilevante come quella economica, perché la giustizia è di per sé la politica. E poi vuol, dire che – da avvocato e non da magistrato – pone centralmente il tema dei diritti individuali e collettivi.
Come reagisce all’impatto attuale con la realtà?
Forse per un po’ si troverà più applausi dai settori moderati che da quelli della sua provenienza. I primi gli riconoscono l’estrazione borghese, il buon senso, l’agire disinteressato e con fini di giustizia. I secondi temono l’inciucio ogni volta che parla – anche per ragioni istituzionali – con qualcuno “dell’altra parte”. Poi a poco a poco si formerà un consenso non emotivo, come è quello delle elezioni, e quindi un baricentro politico, che probabilmente sarà di segno nuovo.
Nuovo?
Piero Bassetti – che lo ha molto sostenuto nelle elezioni – dice che lui è uno dei pochi a guardare davvero alla terza repubblica, cioè a modi di intendere e fare la politica nuovi.
A libro finito, il professore e il sindaco concordano su tutto?
Ci sono punti del libro in cui la mia esperienza è un’altra e i miei giudizi di valori sono distinti. La trasparenza del dialogo lascia intravedere che per arrivare alla sintesi che Pisapia ha espresso era necessario accostare tante soggettività. Il mio accordo è nella spinta post-ideologica che non è affatto post-politica. Anzi è risolutamente contro l’anti-politica. I miei punti di domanda sono costruttivi: sulla strumentazione di governo per non restare prigioniero dell’hic et nunc; sulla sintonia che il centro-sinistra italiano vorrà avere con questa “linea arancione”; sulla modalità concreta di portare avanti il modello “metà partiti-metà società”.
Mentre il Corriere della Sera mantiene una linea ondeggiante sulla giunta Pisapia, la prefazione di Ferruccio de Bortoli ha toni molto equilibrati e sostanzialmente elogiativi…
E’ la prefazione del direttore del Corriere. Liquida il passato con giudizi netti e apprezza il cambiamento. Prende alcune distanze da punti della formazione politica e mette il punto di domanda sui futuri esiti della buona amministrazione. Di mezzo esprime la migliore considerazione intellettuale, morale e civica nei confronti di Giuliano Pisapia. In questa fase della politica italiana considero ciò molto.
Qualche altra domanda sul libro “confezionato”. Formato piccolo ma denso, leggibile, una ventina di foto. Che “racconto” fanno queste foto?
Senza Cinzia quelle foto non ci sarebbero, per lo più. Ma lui non ha il culto della sua memoria. Quindi pochissime foto. Il racconto – se così si può dire – è di percorso. Tre foto di viaggio – che per Giuliano Pisapia è cosa emblematica, è esperienza, anche solitaria – incastrate nel Sommario, per segnalare appunto il rilievo simbolico del “viaggio”. Poi miracolose foto dell’infanzia, che ricostruiscono con pochi tratti un’epoca e una società. Fasi salienti dei processi. Padre e madre. Brandelli di una esperienza politica evidentemente schiva. L’esplosione della campagna elettorale e le prime foto da sindaco.
Della campagna elettorale niente foto sulle nefandezze di Pisapia. Con la Moratti niente foto dello scontro a Sky. Scelte?
Questo libro racconta anche di coerenze di stile. Ho ritenuto di interpretare quello stile riportando a sobrietà ciò che, per la verità, i suoi avversari politici avevano trasformato in rissi. E per l’onore di Milano – che è anche la mia città – di lui e la Moratti solo la composta ed elegante foto del passaggio di consegne.
Fin qui le recensioni hanno colto solo le risposte trasgressive sulla “legge bavaglio”. E’ vero che sui media passa solo l’uomo che morde il cane?
Beh, le prime recensioni (Corriere, Giorno, Libero) hanno preso una parte di una riflessione (di due pagine) di critica alla pubblicazione delle intercettazioni prima delle sentenze è hanno stressato il concetto in “bene la legge bavaglio”. Il Corriere ha pubblicato subito una robusta correzione di tiro. Pisapia dice anche che la quella legge, per come è stata fatta, è una schifezza. Bisogna dire che questo lungo dialogo non è fatto per costruire ad arte notizie. La “notizia”è il perché un percorso di vita di quel genere genera, nell’Italia di oggi, un grande consenso elettorale. Ma, come si sa, i media capiscono di notizie ma non di “processi”.
Per quale pubblico essenzialmente?
Sempre difficile rispondere a domande così quando un libro finisce in libreria, per un po’ – almeno fino a Natale – diciamo in bella vista per tutti. Pisapia è il sindaco di Milano. Una novità. Di fatto è popolare ma ancora piuttosto sconosciuto. Certo i milanesi, indistintamente, sono tutti potenziali lettori. Ma chi lo ha seguito con vera partecipazione nella campagna ritroverà anche emozioni insperate. A loro è dedicato il titolo del libro (che il direttore del Corriere, pur in una serena prefazione, ha considerato un po’ enfatico). Ma quei due arcobaleni hanno cerchiato magicamente una serata civilmente importante. E poi ci sono gli italiani che sentono il ruolo di Milano nella inevitabile transizione che, per il paese, si è accelerata. Non so se Giuliano Pisapia si spenderà da protagonista in quella transizione. Ma è certo che la sua vicenda e il suo ruolo di sindaco di Milano la influenzeranno oggettivamente. Penso che sia bene che gli italiani lo conoscano meglio.
Che ruolo ha avuto Giuliano Pisapia nella rilettura del colloquio?
Quella di una persona pressata dal tempo ma molto attenta a recuperare ove possibile il suo specifico linguaggio e a soppesare l’utilità della presenza di citazioni, digressioni, esempi. Ha tolto un po’, quasi sempre migliorando la leggibilità.
Che ruolo ha avuto Stefano Rolando nella costruzione del percorso narrativo?
Ho avuto ampia libertà di porre domande e di gestire la sequenza. Per l’abitudine a questo genere di libri – che non considero “da fare al volo” ma risultato di un profilo di analisi piuttosto meditato – trecento domande erano predisposte nei dettagli. Altre cento sono state improvvisate come spunti emersi dalla conversazione. L’obiettivo era infatti quello di mescolare ricerca e scintille. Spero che appaia così anche ai lettori.
Meriti da ricordare?
Ho ringraziato in fondo all’introduzione Cinzia in forma “monumentale”. Poi chi ha favorito il materiale fotografico. Fulvio Ronchi che è stato molto vicino alle fasi di lavorazione. Ma devo aggiungere anche chi ha dato un contributo di lettura prima della consegna con spirito di sostegno non inferiore ad un utilissimo spirito critico: Carla e Piero Bassetti, Renata Thiele, Patrizia Galeazzo, Franco d’Alfonso, mio fratello Maurizio.
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